Morbide le vegetazioni, soffuse di grigi e cobalti le acque lacustri che Pietro Camozzi
immagina e dipinge. Cieli, alberi, prati che non sono aggrediti ma piuttosto sognati; i
bagliori, contrasti di luci ed ombre che trovano fiducia e quiete.
Brume, evanescenze, vaporosità atmosferiche, appaiono come colloqui di una natura amica.
Quella natura che Camozzi incontra ed ormai sceglie abitualmente come parte viva del suo "fare "
espressivo.
La tematica del pittore trentino, sfrondata di precedenti accentuazioni descrittive, si raccoglie
nella fascinosa realtà di un "paesaggio" intimo, affettivo; nelle fuggenti dissolvenze di piani, orizzonti
pacate geologie.
Restano, nella visione di Camozzi, i romantici "interni", le composizioni di cestelli, piatti, fiori
della sua montagna. Un tributo oggettivo, "leggibile di aperta e quotidiana confidenza".
Restano le barche, dimesse, abbandonate come relitti, nascoste da reticolati vegetali. Poche
varianti a ciò che è l'aspetto di una ideale, appartata narrativa. Rive erbose, accoglienti, specchi d'acqua
intravisti, paesi dissolti da luci serali o mattutine. Un fluire di messi, di canneti leggeri, incontaminati
dall'uomo e l'uomo, presente, se si vuole, nei palpiti, nei sentimenti di una devota, silenziosa attesa.
Ed è nelle pause dal sapore di arcadia, nei trascolorati balenii di malve, nei nascosti profili di
lontani monti, dove Pietro Camozzi potrà continuare a far proprie le ricerche di un naturale ed,
insieme, struggente percorso emotivo.