Sempre un villaggio, sempre una campagna mi ride al cuore (o piange), Severino..."
Il richiamo a Giovanni Pascoli mi viene spontaneo osservando le vedute di Pietro Camozzi.
La tenuitā delle modulazioni tonali, la squisita percettivitā del segno, la leggiadria di forme
elette sfumanti su un parametro cromatico che stempera la composizione con morbide velature, come
un filtro magico.
Elegia tenera e malinconica, ad un tempo; che ci riporta alle emozioni, alle speranze ai sogni
della fanciullezza. Un mondo sopito che si ridesta commosso innanzi all'incanto della Natura rivisitata
in chiave intimistica.
Ho presente, al proposito, "Collana e paesaggi Trentini", ove la luce gioca in modo audace sui
volumi e transustanziarli in creature animate. Ed invero ci sembra di scoprire, mediante l'intelligenza
di questi dipinti, l'anima delle cose e di compenetrarla.
Attraversiamo il torrente e ci avviarne per l'ampia radura verso il villaggio che intravvediamo
in lontananza... Un soffio di vento ci precede e ci guida alle case illuminate. Si affaccia alle finestre, in
ascolto trepido e silenzioso della vita che si svolge all'intemo, mentre gli abitanti restano - per un lungo
istante delle loro occupazioni, sovrappensiero; intenti alle voci di fuori.
L'idillio č commentato, qui, dal gioco dei piani pittorici; in una prospettiva a volo d'uccello che
si perde all'infinito.
In "Betulle" la nebbia diffusa riflette e decanta la luminescenza celeste, rivelando appena le
rive d'una palude ove č dolce alla memoria il naufragio.
"La maestria di un'arte che in Pietro Camozzi" attesta il frutto d'una esperienza maturata in
tanti anni di studio attento e generoso; merita le si dia atto.